Megalopolis e la città al tempo degli dèi falsi e bugiardi

Megalopolis e la città al tempo degli dèi falsi e bugiardi

22 Dicembre 2024 1 di Makovec

La favola di Francis Ford Coppola, Megalopolis, non è un racconto rassicurante sulla realtà ma una pista di ricerca, se vogliamo, anche religiosa. Ovviamente non stiamo parlando di un film che si rifà direttamente ad una confessione religiosa, ma mentre guardavamo il film, oltre le varie citazioni già insite nella pellicola, me ne è venuta una in particolare. Si tratta della frase di presentazione di Virgilio nella Divina Commedia. Dante si trova nella selva oscura dell’esistenza e dal fondo emerge una voce che dice: Rispuosemi: “Non omo, omo già fui, e li parenti miei furon lombardi, mantoani per patria ambedui. Nacqui sub Iulio, ancor che fosse tardi, e vissi a Roma sotto ‘l buono Augusto nel tempo de li dèi falsi e bugiardi (Inferno, I, vv.69-72). Una possibile ermeneutica non già dell’estetica del film, ma del suo contenuto politico di rappresentazione della città, potrebbe essere questa dicotomia che mette in risalto Virgilio fra la sua vita sotto l’imperatore Augusto e al tempo degli dèi falsi e bugiardi. Ovviamente, per Dante, questo riferimento alle divinità pagane come false e bugiarde è indice della venuta di Cristo, di cui, sempre secondo l’autore della Divina Commedia, Virgilio canta la venuta. Tuttavia, nella nostra interpretazione di Megalopolis, gli dèi falsi e bugiardi non sono solo gli dèi del mondo pagano, ma una sorta di nuovo paganesimo che emerge dalla descrizione di un impero decadente. Seppur la trama ci riporta al conflitto fra Cicerone e Catilina, Franklyn Cicero e Cesar Catilina sono personaggi che si muovono all’interno di una patina kitsch della città, un velo di plastica e parallelismi fra lo stile classicheggiante di Roma e lo sfarzo della New York della Trump Tower. Non si tratta, dunque, solo di credere negli dèi falsi e bugiardi, ma di un nuovo paganesimo che si caratterizza come licenza per la corruzione, la violenza, la sopraffazione all’interno della città. Una nuova idolatria delle città, in cui il bene di tutti viene deciso da pochi, in cui le luci al neon illuminano ma non riscaldano, in cui solo alcune élite demiurgiche possono beneficiare delle innovazioni tecnologiche e sociali. Gli dèi falsi e bugiardi, dunque, non sono gli dèi dell’antichità, ma nuove divinità che costituiscono il Pantheon religioso di Megalopolis come delle nostre città: potere, denaro, successo, benessere. Nuovi dèi che creano e ricreano antichi sistemi di violenza e sopraffazione lì dove fratellanza, giustizia, libertà, dignità sembrano essere statue stanche, accartocciate su se stesse, disperse nei vicoli e nelle strade anonime di New Rome. Mentre i nuovi idoli sfavillano e luccicano fra feste e giochi, abusi e tradimenti, la città è in attesa. Un’attesa messianica che diviene bisogno e urlo di dignità, colmato da tentativi populisti che cercano di pilotare questa sete e che forse, parafrasando Heidegger, solo un Dio Liberatore può colmare.