
Letizia: ovvero lo svezzamento spirituale
Gs 5,9a.10-12; Sal 33; 2Cor 5,17-21; Lc 15,1-3.11-32
In questa domenica Laetare ci troviamo dinanzi ad una specie di svezzamento spirituale. La letizia a cui ci chiama la liturgia è uno svezzamento in vista della Pasqua, uno svezzamento che ci fa gustare la riconciliazione come cibo rinnovato, come cibo da gustare e che ci permette di crescere. La letizia, dunque, non è semplicemente un sentimento di questa domenica, ma quella dimensione di svezzamento che ci permette di riconoscere che il cammino quaresimale è un cammino di crescita. La Pasqua che andremo a vivere e che in questa domenica pregustiamo, nella ripetizione rituale, ci vede più adulti, più consapevoli del nostro cammino. Se a livello biologico lo svezzamento avviene dal sesto mese di vita in poi ed è un processo non standard per tutti ma che ognuno ha vissuto in tempi, modi, spazi differenti, così è anche il passaggio della riconciliazione. Non si tratta solo di riconoscere i propri peccati ma anche i tempi e i modi attraverso cui passiamo da un cibo ad un altro, dal mangiare cibi liquidi a mangiare cibi sempre più solidi. La Liturgia della Parola di questa domenica Laetare ci ricorda proprio questo. Il passaggio pasquale è un passaggio graduale e il popolo celebra la pasqua nelle steppe di Gerico. La prima pasqua vissuta nella terra promessa è una pasqua vissuta in mezzo alle steppe di Gerico, da accampati. È il momento in cui il popolo inizia a mangiare i frutti della terra e la manna cessa. È lo svezzamento del popolo di Israele che ora non dipende più dalla manna ma inizia a coltivare i frutti della terra, inizia a procurarsi egli stesso da mangiare. Il passaggio pasquale del popolo di Israele consiste in questo ingresso nello stato di adultità, in una autonomia del mangiare che non fa venire meno la relazione fra il popolo e il suo Dio. Anzi, la possibilità di essere svezzati significa anche la possibilità di gustare altri cibi, di imparare a mangiare con le proprie mani, di provare anche la fame. Lo svezzamento spirituale è un provare anche tutto questo, fino ad essere, nelle vette della mistica, così nutriti di Dio da essere in Dio stesso. ma questa dimensione di svezzamento è ciò che permette di prendere coscienza del percorso di riconciliazione, di entrare in una età adulta che ha a che vedere anche con l’adultità delle relazioni, con la capacità di chiedere scusa. Svezzamento ha a che vedere con la riconciliazione, come suggerisce anche Paolo nella lettera alla comunità di Corinto. Infatti, quando afferma: Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio, è perché si rende conto che in Cristo è stato svezzato è una nuova creatura, le cose vecchie sono passate. L’essere nuove creature significa, per Paolo, aver gustato il cibo del Signore, aver gustato la bellezza della sua Parola, la sua chiamata e conversione e, per questo, può dire, lasciatevi riconciliare con Dio. Ma questa è anche l’esperienza del figlio che ha divorato i beni del padre con le prostitute, quel figlio che ha preso l’eredità del padre e se ne è andato per un paese lontano, quel figlio che ha provato fame ed è tornato dal padre sperando di potersi attaccare nuovamente al seno materno, ad una situazione presvezzamento. E il padre, quando lo vede, ecco che gli corre incontro, che lo riveste della sua dignità, che lo svezza con l’anello della sua adultità. Non lo tratta da bambino ma lo tratta da figlio e da uomo. È questo ciò che il figlio maggiore non riesce a comprendere, questo svezzamento in cui riconciliazione fa rima con adultità, con il diventare grandi, il riconoscere gli errori perché si è provata la fame. Uno svezzamento che avviene non in tempi e modi stabiliti ma anche nel baratro e nell’abisso della lontananza e della fame. Uno svezzamento che si decide in due, che non ha percorsi prestampati o tabelle di marcia, ma che ha bisogno anche di provare il fallimento, di imparare a sbagliare, di errare e ritornare. Solo quando veniamo svezzati in questo modo siamo pronti per il cibo solido della Pasqua, siamo pronti per il Corpo e il Sangue del Cristo che non è più la terra del latte e miele, ma è la relazione autentica e adulta con Dio, il momento in cui possiamo contemplare Dio volto nel volto, in cui, come ricorda il Salmo, gustiamo e vediamo come è buono il Signore perché guardando a Lui diventiamo raggianti.