La ricchezza dello spazio pubblico

La ricchezza dello spazio pubblico

12 Ottobre 2024 0 di Makovec

Sap 7,7-11; Sal 89; Eb 4,12-13; Mc 10,17-30

Villa Bonelli è l’antica casa di campagna della famiglia Bonelli, situata su via Canosa a Barletta, di fronte alla parrocchia della Sacra Famiglia. È stata candidata, per quest’anno, a luogo del cuore da parte del FAI e in questi giorni è interessata da lavori di restauro strutturale. Una casa di campagna costruita fra Settecento e Ottocento, venduta dalla famiglia al Comune di Barletta nel 1979, dopo essere stata anche quartiere generale delle Forze Alleate durante la Seconda Guerra Mondiale e, in seguito alla vendita, anche ricovero per gli sfrattati. Un luogo, dunque, che ha una sua storia tutta particolare e che oggi e, speriamo per le prossime generazioni, diventi e rimanga un luogo pubblico. Perché il quartiere Borgovilla, forse più che di altri palazzi, ha bisogno di luoghi verdi e spazi pubblici. Ed è su questa dimensione pubblica che vogliamo rileggere la Liturgia della Parola di questa domenica, tentando anche di riconoscere il pericolo delle ricchezze e come esse possano essere usate con sapienza. La vicenda del Vangelo, di questo tale sconosciuto che corre incontro a Gesù è una vocazione mancata. Si avvicina a Gesù per chiedere cosa poter fare per avere in eredità la vita eterna, e Gesù gli chiede di vendere tutto quello che ha e di darlo ai poveri. E questo tale se ne va, perché possiede molte ricchezze. Osserva tutti i comandamenti, che sono i comandamenti verso il prossimo, citati da Gesù. Eppure non riesce a fare a meno delle ricchezze, non riesce a privarsi di qualcosa per gli altri. E così, quando non riusciamo a donare, a togliere qualcosa di noi per destinarlo alle altre persone, ecco che i beni periscono e ci fanno deperire. Quando avviene quel blocco lì, in cui è difficile rimettere in circolo ciò che abbiamo ricevuto, ecco che i beni deperiscono, ecco che la vita si ferma. È stato così per villa Bonelli, la quale per molti anni è andata in rovina sia in mano ai privati sia per la difficoltà della macchina amministrativa di mantenerla. Eppure, la macchina amministrativa non è la dimensione pubblica a cui noi facciamo riferimento. Ma il pubblico, lo spazio pubblico, si crea nel momento in cui anche quando ho ricevuto tanto, mi apro ancora alle altre persone, riesco a riconoscere che quei beni che ho non sono per una mia sicurezza, ma per aiutare e rimettere in gioco la giustizia. E lo spazio pubblico si ricostruisce non solo quando rimetto in gioco le mie sostanze, ma quando permetto ad essere di essere relazione con le altre persone, di creare nuove condizioni di vita, di trasformare la realtà. Lo spazio pubblico non si costruisce solo perché c’è un giardino, ma perché ognuno è attento a quel giardino, ognuno sceglie di abitare quel giardino non come una concessione ma come un diritto. Ecco, allora, dove si cela il pericolo delle ricchezze, nell’averne così tante da bloccare la vita, da non permettere di essere generativi, anche per le nuove generazioni, per coloro che verranno dopo di noi. In questo, allora, si rivela quella capacità di scorgere nelle altre persone dei fratelli, sorelle, case, madri, campi e così via. Nell’aver donato costruendo lo spazio pubblico, uno spazio in cui tutti possiamo riconoscerci. Uno spazio che non è solo fisico ma spazio sapienziale. Uno spazio che sa costruire relazioni, per cui ogni forma di potere, di ricchezza, di sopraffazione sono un nulla. Uno spazio che si costruisce nell’interiorità di una luce che non tramonta e quando quello spazio ci rende persone autentiche. Quella Parola di Dio che penetra fin nelle giunture e nelle midolla è quella stessa Parola che ci permette di aprirci alle altre persone, di costruire uno spazio pubblico in termini di fraternità e sororità. Uno spazio pubblico che inizia nella misura in cui sono capace di donare qualcosa di me, di fare digiuno, di rimettere in circolo la mia vita, perché possa scorgere intorno a me, non nemici, ma fratelli e sorelle con cui costruire e difendere lo spazio pubblico, anche nelle nostre città. Per poter ancora pregare con il Salmo: Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio: rendi salda per noi l’opera delle nostre mani, l’opera delle nostre mani rendi salda.