Il grandturismo: oltre la massificazione

Il grandturismo: oltre la massificazione

28 Luglio 2024 1 di Makovec

Continuando la nostra riflessione sulla relazione fra arte e città, la quale potrebbe essere molto ampia e quasi inesauribile, vogliamo puntare l’attenzione su una prima dimensione storica legata a cogliere il nesso fra arte e turismo. Il fenomeno di colui vogliamo parlare è il Grand Tour. Fenomeno che inizia nel Settecento, il secolo in cui la conoscenza illumina la mente, si trattava di un lungo giro per l’Europa, per giovani aristocratici che potevano permetterselo. I giovani andavano in giro per tutta l’Europa per conoscere l’arte, il genio, i monumenti, le città e, in questo modo, apprenderne la cultura, la politica, gli stili artistici e così via. È esattamente il progenitore del turismo così come lo conosciamo oggi, sempre in bilico fra la democrazia e la massificazione. Come suggeriva Franco La Cecla in un incontro, il turismo è una forma di democrazia e di democratizzazione della popolazione. Infatti, nel corso dei secoli, il viaggio turistico non è più ad appannaggio dei ricchi ma della maggior parte della popolazione che può spostarsi senza grandi difficoltà da una città all’altra a costi ridotti. Il turismo, dunque, è una forma altra e particolare di democrazia che permette di conoscere viaggiando. Anche le celebri visite d’istruzione nel periodo scolastico nascono da questa idea per cui viaggiare è uno dei (pochi) modi con abbiamo per allargare la mente, per conoscere, per confrontarci con ciò che ancora non conosciamo. Se, tuttavia, il turismo è una forma di democrazia da un lato, dall’altra parte ben sappiamo come la massificazione del turismo abbia portato ingenti economie nelle città ma anche come abbia depredato e dilapidato molto dell’abitato e dell’abitare nelle città. In molte città, infatti, ci si inizia a chiedere se il turismo di massa non comporti più danni che altro, se il turismo sia davvero una fonte di guadagno integrale oppure sia solo una questione economico-estrattiva per cui bisogna succhiare al turista ogni forma di denaro possibile, creando dei centri urbani invivibili di giorno e di notte. In un empasse del genere, in una dialettica fra democrazia e massificazione, forse ci occorre tornare all’origine del significato del turismo, proprio al Grand Tour. Non a porre il turismo in una dimensione elitaria, ma nella consapevolezza che si viaggia non solo perché si ha tempo libero e si cerca di riempire il tempo con dei pacchetti a consumo, ma per conoscere. Lo stereotipo del turista che sporca, danneggia, invade, abusa, consuma e profana è sempre più ricorrente nelle nostre città. Forse, una contromisura a tutto questo potrebbe essere tornare a pensare al grandturismo come pratica di viaggio e conoscenza, come ermeneutica dei luoghi, come tentativo di cogliere l’anima di una città e renderla parte di quella stratificazione del proprio spessore umano.