Criminalità e capitalismo

Criminalità e capitalismo

16 Marzo 2025 0 di Makovec

In Dèi respinti. Metafisica degli scarti avevo affrontato la figura del criminale nella metafora degli avanzi. In quell’occasione avevo scritto che il criminale non è l’anticonformista, non è l’outsider, non è l’irriducibile rivoluzionario, come non è neanche l’individualista antisociale. Il criminale è il frutto più maturo e più autentico del capitalismo. Ridisegnato attraverso la musica trap, cosparso di tatuaggi, con un corpo iscritto nella grafia del porno fra mascolinità tossica, schiavismo sessuale e inferiorità della donna. Il criminale è risultato antropologico di riferimento non di una controcultura di resistenza al modello dominante, ma frutto più riuscito del capitalismo. Il criminale è il macho che ha sempre di più, che accumula non andando contro legge, ma superandola per affermare se stesso attraverso le celebri tre esse: sesso, soldi, successo. Anche se l’estetica fantasmagorica del criminale lo dipinge come il maledetto, come l’angelo decaduto, come colui che è obbligato a fare quello che fa, in realtà è il frutto più maturo del capitalismo. Il frutto più maturo di un capitalismo che instilla il possesso della proprietà privata, il bramare ciò che gli altri hanno e il non poter fare a meno di ciò che i ricchi possiedono, per poter essere qualcuno. Il criminale, insomma, si presenta come colui che può avere ciò che gli altri hanno, ciò che le classi più ricche e privilegiate possiedono per nascita o per privilegi. Per appropriarsi di tutto questo è disposto a spadroneggiare sulle altre persone, a fare delle altre persone i suoi sudditi, coloro da proteggere affinché possa esercitare su di essi il suo dominio. Frutto del capitalismo che, nelle sue fasi più avanzate, si manifesta nel liberismo estrattivista ovvero in una ricaduta sui territori da cui prelevare sempre di più. Il capitalismo a cui il criminale si rifà e di cui è il figlio primogenito, il povero che vuole diventare borghese altrimenti pensa di non contare nulla, è un capitalismo che estrae e sottrae dai territori, che impoverisce la cittadinanza, che inquina e si impadronisce delle risorse. Per questo motivo, c’è una stretta connessione fra criminalità, potere, capitalismo ed estrattivismo. Potere che si scaglia contro chi abita i territori, su coloro che cercano di impegnarsi per i territori, sui cittadini che iniziano a pensare che la sola arma che possiedono è quella della sicurezza individuale, lì dove i tessuti comunitari vengono continuamente erosi. E più l’individualismo sembra essere la sola strategia possibile, più la criminalità prende piede anche nei regimi di totale sicurezza, grazie all’indifferenza e alla compiacenza. Per questo motivo, la sola possibilità che rimane ai territori per contrastare la criminalità come l’inquinamento ambientale, la sudditanza come la perdita di speranza è riconoscersi parte di un tutto, parte di quel territorio. Riconoscere che solo una politica degna di questo nome, che riguarda tutti i cittadini sovrani nelle loro scelte e liberi di abitare i territori può salvare le nostre città.