Anziani, il ritiro dalla città

Anziani, il ritiro dalla città

9 Febbraio 2025 3 di Makovec

C’è un’età in cui ci si ritira dalla città. Non solo un’età ma anche una condizione biologica in cui la città non è più contemplabile, per come oggi è costruita. Non si tratta di un ritiro volontario dalla città, ma di una costrizione a rimanere in casa. La città non è sempre attraversabile da chiunque in maniera standard e sempre allo stesso modo. Ancora oggi, è differente attraversare una città se sia è una donna o un uomo, in modo particolare alcune zone delle città. esempio classico di questa difesa della città e di una impossibilità degli attraversamenti rispetto alla differenza di genere è dato dai meccanismi di autodifesa che si mettono in atto nell’attraversamento di certi spazi. Pezzi di città pochi illuminati o isolati sono impraticabili in certe ore della giornata da una donna che, per attraversarli, ha bisogno di parlare al telefono per timore di aggressioni. Stessi spazi possono essere attraversati da un uomo senza difficoltà o senza grandi preoccupazioni. Mentre per alcune persone la città diventa impraticabile, soprattutto quando l’età inizia a farsi sentire. Persone invisibili, eppure cittadini, costrette a rimanere in casa per l’età avanzata, ma anche per una strada buia, per i gradini di casa troppo alti per essere discesi con facilità, ma anche perché non si trova neanche più un motivo per vivere. Anziani di ottanta o novant’anni che vivono in appartamento, in solitudine o con figli che monitorano costantemente le loro attività. Persone che non escono di casa e che vivono in una dimensione urbana differente da chi attraversa la città. Persone che, una volta chiuse in casa, non trovano più neanche un motivo per vivere. Ed è qui la manifestazione più radicale del nostro partecipare e vivere in uno spazio urbano, essere sempre e comunque cittadini. Tagliare i ponti con lo spazio pubblico, vivere in casa sia per difficoltà motorie come anche per le difficoltà che pone la città stessa, dalla scarsa illuminazione alla percezione del pericolo e della mancanza di sicurezza, non significa solo non partecipare ad una parte della vita che è la dimensione pubblica, ma significa non partecipare più della vita in generale. Questa è la forma più radicale del nostro vivere e dell’accorgerci del nostro vivere insieme, in comunità, in uno spazio che è sempre e comunque collettivo. L’idea stessa di appartamento, come spazio di parte, come spazio delimitato e delimitante una dimensione privata in contrapposizione al pubblico, è l’errore della modernità, dell’astrazione del costruire e il grande vantaggio degli interessi economici che traggono profitto dal privato a discapito del pubblico. Vivere significa sempre e comunque vivere in uno spazio pubblico e la città è tale solo quando è abitabile per ogni persona e progettata a partire dagli scartati, dai più deboli, in questo caso dagli anziani. Ricucire la radicale relazione fra vita e città, fra spazio pubblico e persone, è il compito più importante della politica.