Gesù Cristo Straniero

Gesù Cristo Straniero

12 Aprile 2025 0 di Makovec

Is 50,4-7; Sal 21; Fil 2,6-11; Lc 22,14-23,56

Ciò a cui abbiamo assistito in questa Domenica delle Palme è l’ingresso di Gesù a Gerusalemme. Un coro festante, di popolo, ha incontrato Gesù che sale a Gerusalemme a dorso di un’asina. Eppure, quel coro festante, si traduce in una condanna a morte. E in questa domenica siamo chiamati a guardare proprio alla paradossalità del racconto della Passione. Da una parte un Gesù osannato dalla gente e dall’altra un Cristo che viene messo in croce al grido della folla inferocita. Abbiamo assistito ad un condannato a morte che sale al luogo dove verrà crocifisso e lì lasciato morire lentamente. E in tutta questa condanna, abbiamo letto e continuiamo a rileggere la nostra salvezza. Questa domenica è la domenica dei paradossi, è la domenica di un Dio che si rivela a noi come Straniero. Il Cristo Straniero, il Gesù osannato che viene riconosciuto quando è deriso, il Cristo che si rivela servo sofferente quando, come ci ha raccontato Isaia, ha prestato la faccia agli insulti e agli sputi. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso. E in tutto questo non resta confuso, ma si affida a Dio, a Colui che può liberarlo dalla morte. La massima rivelazione di Dio si rivela nella sua kenosi più profonda, nello svuotamento integrale dell’umanità e della divinità. Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Due inni, quello di Isaia e di Paolo, che raccontano la stessa paradossalità della rivelazione del Cristo, il suo rivelarsi in quanto Straniero e da Straniero. Idea che Michel de Certeau ha sviluppato durante tutta la sua esistenza per cui il Cristo ci viene presentato come uno Straniero. È l’altro che sfugge alle regole del dominio e del potere, l’altro che attraversa uno spazio che non è suo, l’altro che vive di pratiche quotidiane come può essere lo spezzare il pane e il versare il vino. Pratiche del quotidiano che non hanno nulla a che vedere con il conformismo ma con la significanza e la risignificazione di tutto ciò che avviene. Il Cristo è lo Straniero perché non prende il potere ma perché ci invita a leggere la realtà in modo altro, a vedere nella croce un trono di gloria, a scorgere nella resistenza alla violenza il seme della vita nuova, nella morte la rivelazione di Dio. Per tutta la Passione, infatti, ritroviamo questo elemento importante della derisione di Gesù. Prima da parte dei soldati, poi dinanzi ad Erode, poi ancora sulla croce da parte dei capi dei sacerdoti e infine persino dal ladrone. Ogni derisione rivela un titolo cristologico: profeta, re, re dei Giudei ovvero Messia, Cristo. Ogni derisione è un momento in cui aumenta la rivelazione di Dio, fino alla croce in cui il ladrone chiede di entrare nel Regno e il centurione che afferma che costui era un giusto. Ma, ancora, nel ruolo dei discepoli che prendono la croce ritroviamo un certo Simone di Cirene, che fino ad ora non conosceva minimamente Gesù, in quanto proveniva da un altro luogo, dalla campagna, da straniero. Ma troviamo anche un Giuseppe d’Arimatea, un altro straniero, che fino a questo momento non sapevamo neanche che esistesse, che chiede il corpo di Gesù, che si fa avanti con coraggio. Nella Passione di Gesù ritroviamo discepoli stranieri, confessori improbabili della fede. Sono quei discepoli tratteggiati anche dal Salmo 21, i quali nel Cristo attraversano l’oscurità della vita e riconoscono che Dio non è lontano, che ancora hanno il coraggio di annunciare il Signore vicino ai fratelli e alle sorelle. Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all’assemblea. Lodate il Signore, voi suoi fedeli, gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe, lo tema tutta la discendenza d’Israele. Un salmo con delle tinte raccapriccianti per alcuni versi, eppure che termina con una speranza, con un annuncio, con un germoglio di vita nuova lì dove sembra che tutto sia perduto, lì dove tutto sembra non tornare. Il Cristo Straniero, il Cristo che proviene dall’Altro e dall’Altrove, è il Dio in cui noi crediamo, il Dio che abbiamo accompagnato fin sul suo trono di gloria che è la croce. Il Dio che attua la perenne rivoluzione della croce, ribaltando ogni nostra considerazione, ogni nostra superbia come ogni nostra ansia. Un Dio che non occupa spazi di potere ma che attraversa luoghi, da Straniero.