
L’estetica fantasmagorica del criminale
L’estetica criminale non è una cosa da trascurare. Non si può pensare che il criminale sia rispettabile se non ha una estetica, se non ha una forma che lo possa accompagnare. Anzi, possiamo affermare che il criminale è una forma di vita non solo in quanto abituato a delinquere o vizioso nel delitto. Non sono questi fatti che definiscono un criminale in senso pieno o, meglio il criminale come forma di vita urbana. Perché, come ci insegna anche il cinema, ogni criminale ha bisogno della città, ogni criminale si sente in qualche modo protagonista, se non vero e proprio eroe della sua città o di quel pezzo di città che riesce a dominare. Non c’è criminale senza città, anche se la città può fare benissimo a meno di criminalità. Ma questo è possibile solo con politiche che tutelino la dimensione pubblica, che spingano verso una consapevolezza di cosa significhi essere cittadini, che non solo denuncino ma anche formino le persone. Un lavoro molto più lungo e difficile rispetto alla denuncia social di comportamenti vandalici. Comportamenti che non dicono ancora il criminale, che non ci permettono di cogliere l’importanza del criminale e della criminalità all’interno dei territori e il loro potere devastante che applicano sulla città e sui cittadini. Ed esiste una diretta relazione fra criminalità, corruzione e corrosione dei territori. Elementi che approfondiremo successivamente. Ciò che ci interessa cogliere in questo frangente è l’estetica criminale come forma di dominio sulla città. Abbiamo già parlato dell’automobile come dominio trash del territorio. Ebbene, possiamo continuare questo affondo cogliendo ulteriori sfaccettature di questa estetica criminale nel portamento, nel taglio dei capelli, nel tatuaggio, nel baffetto o nella barba lasciata lunga, nella riga marcata ai capelli, corpi palestrati. Ma tutti questi sono solo estetismi modaioli, l’estetica del criminale è qualcosa di più. È nell’utilizzo di forme che esprimano un certo gusto pacchiano e volutamente marcato come segno di imposizione, è nella tossicità di relazioni in stile noir, da figlio maledetto delle tenebre, è nel machismo maschile o femminile che sia, di una codificazione di comportamenti che esigono continuamente il rispetto e la venerazione. Un’estetica fantasmagorica che colpisce continuamente i sensi attraverso colori, suoni, immagini, oggetti in rapida successione. L’estetica criminale funziona come una lanterna magica che colpisce per il suo rapido fluire di immagini illusorie ed effimere che, tuttavia, colpiscono i sensi e la percezione del mondo. Rapida successione che non consente di fermarsi su ognuna di esse, che non permette la decostruzione del criminale, pena il suo annullamento, lo svanire dell’illusione stessa. Preso fotogramma per fotogramma, un criminale risulterebbe semplicemente un impotente che desidera essere qualcuno o almeno qualcosa nella sua vita. Ma le immagini e i rimandi che egli fa di sé sul territorio e sui gruppi sociali sia di appartenenza sia lontani da lui, lo rendono degno di ammirazione. Fino a scoprire che di quella estetica, prima o poi, non rimane nulla all’infuori di desolazione e devastazione dei territori.
Approfondita analisi del criminale e della sua estetica e del suo agire nel mondo. Sarebbe stato anche necessario evidenziare come questa estetica criminale sta cambiando, sta evolvendosi poiché sta abbassando l’età del criminale, ora sta vestendo i panni dell’adolescente, sia come singolo che come branco, per cui è diventato necessario, indispensabile guardare a questa nuova estetica criminale per poterla arginare, limitare e, se possibile, eliminare.
E’ la fascinazione perfida del male, esaltata dal decadentismo che ci trasciniamo fino ai nostri giorni.
Giovanni Bruni localizzava questa fascinazione nel pensiero nordico, nel “Paradiso perduto” di Milton