
Anziani, il ritiro dalla città
C’è un’età in cui ci si ritira dalla città. Non solo un’età ma anche una condizione biologica in cui la città non è più contemplabile, per come oggi è costruita. Non si tratta di un ritiro volontario dalla città, ma di una costrizione a rimanere in casa. La città non è sempre attraversabile da chiunque in maniera standard e sempre allo stesso modo. Ancora oggi, è differente attraversare una città se sia è una donna o un uomo, in modo particolare alcune zone delle città. esempio classico di questa difesa della città e di una impossibilità degli attraversamenti rispetto alla differenza di genere è dato dai meccanismi di autodifesa che si mettono in atto nell’attraversamento di certi spazi. Pezzi di città pochi illuminati o isolati sono impraticabili in certe ore della giornata da una donna che, per attraversarli, ha bisogno di parlare al telefono per timore di aggressioni. Stessi spazi possono essere attraversati da un uomo senza difficoltà o senza grandi preoccupazioni. Mentre per alcune persone la città diventa impraticabile, soprattutto quando l’età inizia a farsi sentire. Persone invisibili, eppure cittadini, costrette a rimanere in casa per l’età avanzata, ma anche per una strada buia, per i gradini di casa troppo alti per essere discesi con facilità, ma anche perché non si trova neanche più un motivo per vivere. Anziani di ottanta o novant’anni che vivono in appartamento, in solitudine o con figli che monitorano costantemente le loro attività. Persone che non escono di casa e che vivono in una dimensione urbana differente da chi attraversa la città. Persone che, una volta chiuse in casa, non trovano più neanche un motivo per vivere. Ed è qui la manifestazione più radicale del nostro partecipare e vivere in uno spazio urbano, essere sempre e comunque cittadini. Tagliare i ponti con lo spazio pubblico, vivere in casa sia per difficoltà motorie come anche per le difficoltà che pone la città stessa, dalla scarsa illuminazione alla percezione del pericolo e della mancanza di sicurezza, non significa solo non partecipare ad una parte della vita che è la dimensione pubblica, ma significa non partecipare più della vita in generale. Questa è la forma più radicale del nostro vivere e dell’accorgerci del nostro vivere insieme, in comunità, in uno spazio che è sempre e comunque collettivo. L’idea stessa di appartamento, come spazio di parte, come spazio delimitato e delimitante una dimensione privata in contrapposizione al pubblico, è l’errore della modernità, dell’astrazione del costruire e il grande vantaggio degli interessi economici che traggono profitto dal privato a discapito del pubblico. Vivere significa sempre e comunque vivere in uno spazio pubblico e la città è tale solo quando è abitabile per ogni persona e progettata a partire dagli scartati, dai più deboli, in questo caso dagli anziani. Ricucire la radicale relazione fra vita e città, fra spazio pubblico e persone, è il compito più importante della politica.
La solitudine degli anziani è molto più diffusa di quanto si pensi… purtroppo ho visto con i miei occhi anziani pagare per un po’ di compagnia…in casa…e non uscire se non per le visite dal medico se queste sono impossibili da fare a casa.
La solitudine che ha preso gli anziani di oggi più che per l impossibilità di uscire per colpa di una città ormai invivibile per molti ..ma per mancanza di rapporti con le persone.
La solitudine che blocca anche i giovani in casa che sarà tra qualche anno un grave problema sociale.
Buona domenica. Certo la la durata della vita è mediamente aumentata, il problema che si pone è come aggiungere vita agli anni e non tanto come aggiungere anni alla vita. Molto dipende da noi. Ho notato che chi vive per gli altri, chi è generoso e capace di interessarsi agli altri, chi dimostra curiosità e apertura al confronto difficilmente rimane isolato. Ogni epoca ha visto anziani abbandonati e anziani con un ruolo di riferimento nella società., anziani amati o detestati. Dipende da quanto è stato fatto nel corso della vita attiva. La fase senile della nostra vita va preparata con anticipo, necessario parlarne ed essere consapevoli e responsabili della propria senescenza e di quella degli altri nostri compagni di viaggio.
Hai individuato un tema interessantissimo: la città, lo spazio pubblico, il rapporto che non c’è per gli anziani. Anziani che sono una buona percentuale della popolazione totale. Io faccio l’urbanista, cioè progetto la città di tutti. Ma la tua riflessione mi ha posto un’altra riflessione: ma nel progetto dello spazio pubblico ho mai ragionato anche per questo particolare genere di persone?? Sicuramente non abbastanza. Grazie per farmi riflettere.