Botti e inquinamento ambientale
“Botti, petardi ed esplodenti, oltre alle polveri sottili, rilasciano in atmosfera parecchie diossine, ovvero sostanze potenzialmente cancerogene – afferma il presidente SIMA, Alessandro Miani – Prendendo in esame una singola città di medie dimensioni, i fuochi d’artificio esplosi nella sola notte di Capodanno possono arrivare a produrre emissioni nocive pari a quelle delle attività annuali di 120 inceneritori di rifiuti. Le sostanze liberate in atmosfera possono inoltre ricadere al suolo sotto forma di pioggia acida, inquinando terreni, raccolti, laghi, fiumi e persino falde acquifere” (https://www.insalutenews.it/in-salute/botti-di-capodanno-effetti-su-uomo-animali-e-ambiente-report-della-sima/). Le parole del presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA) ci riportano alla riflessione sui fuochi d’artificio di fine anno. Abbiamo già affermato precedentemente come essi non siano più una manifestazione di un rito collettivo ma un bisogno di ringraziamento per essere sopravvissuti all’anno vecchio nella speranza di poter sopravvivere all’anno nuovo. Eppure, in quest’ottica che abbiamo offerto, le parole di Alessandro Miani, ci spingono ad approfondire la riflessione in termini ecosistemici ed ecologici. Se proviamo ad allargare lo sguardo sui fuochi d’artificio, essi da una parte rappresentano l’occasione per sfogare tutto ciò che è stato represso nel corso dell’anno, mentre dall’altra producono un’impennata di effetti cancerogeni esorbitante rispetto a tutti il resto dell’anno. La paradossalità della nostra riflessione, allora, è in questa dialettica fra un vuoto che rendiamo manifesto e una desolazione che ci lasciamo dietro, una desolazione che si ripercuote sull’ambiente stesso, su quell’ambiente che viviamo. Ringraziamo per essere sopravvissuti sparando fuochi, petardi, botti che ci fanno male e i cui effetti si riverberano sul territorio circostante, sugli animali, sulle colture. Per non parlare del numero di morti, amputazioni, ricoveri in ospedale e danni vari sui corpi propri e altrui. Approfondire la fenomenologia dei fuochi d’artificio, allora, significa scendere ancora maggiormente nelle profondità di un desiderio sadico di morte per cui non c’è più un augurio di un buon anno, di un nuovo anno che giunge ma il tentativo consistente di farci del male, di provocarci dolore da soli, in quella solitudine in cui ogni giorno dell’anno rischiamo di sprofondare. Così, per non soccombere alla solitudine dei giorni vuoti che ci sono davanti, preferiremmo saltare per aria, far saltare questo mondo, far saltare tutto, nutrendoci del nulla che ci viene prospettato.
Il business dei fuochi d’artificio muoverà un volume d affari e degli interessi notevoli. Per questa ragione come avviene per il fumo, per i giochi e scommesse, per superalcolici per la caccia, non vi è una reale intenzione di limitare il fenomeno. Il cambiamento può partire solo dai singoli. Per cambiare bisogna alimentare una svolta culturale, riempire quel vuoto di valori che sta attraversando la nostra civiltà. Il cambiamento può avvenire all’ interno di ognuno di noi tornando ad alimentare il nostro legame con la natura e con le nostre radici culturali che partono dai presocratici . Radici molto distanti dai modelli statunitensi che dominano i media. Bisogna tornare a trovare il coraggio di parlare di Dio, di avere il coraggio di cercarlo, anche fuori dalle religioni o setacciando tra le religioni. Infine di accettare i limiti della nostra condizione di esseri viventi pensanti e di essere responsabili della nostra vita e di quella di tutte le altre creature.
Sono d’accordo